Rilessioni sul Servizio Sanitario Nazionale.

By admin02, 25 Marzo 2020

Come Tribunale per i Diritti del Malato, in questi giorni d’emergenza dettata dal Coronavirus, non possiamo rimanere neutrali e in silenzio, pur rimanendo a casa.
Non possiamo tacere sulla grave situazione sanitaria che sta coinvolgendo, giorno dopo giorno, tutto il nostro Paese e sentiamo l’esigenza di intervenire ancora una volta su un elemento così importante per la salute e, di conseguenza, per la vita di tutte e tutti noi: il necessario rafforzamento del servizio sanitario pubblico.
Quel servizio che, con i suoi uomini e le sue donne, in questi giorni – ed anche a dispetto di anni di tagli, da destra a sinistra – sta tenendo botta alla domanda di assistenza dei cittadini.
Uno degli elementi di maggior criticità in questo momento è la capacità del SSN di assorbire l’impatto dell’epidemia, con particolare riferimento ai posti letto in terapia intensiva. Il numero di posti letto in terapia intensiva in Italia è in questo momento tra i più bassi in Europa. La ragione sta nelle scelte di riduzione della spesa pubblica, operando tagli importanti per garantire il debito pubblico e la stabilita monetaria.
La conseguenza è che i posti letto e gli operatori sono in numero tale da sostenere a fatica il servizio in situazioni normali mentre in situazioni di emergenza stanno mostrando tutta la loro limitatezza.
Quale’ la ragione di queste scelte precedenti?
Si rintraccia nella trasformazione del senso e del significato del servizio sanitario pubblico alla quale abbiamo assistito in questi anni.
Il governo dei numeri e degli interessi ha preso il posto del governo dei bisogni della collettività. Si è risposto a domande pressanti, di carattere tecnico/economico, ma i bisogni sono stati messi da parte, perdendosi in gran parte il significato simbolico e politico-costituzionale di un sistema sanitario come il nostro: cioè lo stato sociale di diritto.
La spesa sanitaria nel 2018 in Italia equivale al 6,5 % del PIL, mentre in Germania si attesta al 9,5 e in Francia al 9,3 – media OCSE 6,6 – (… qualcuno dovrebbe farlo presente a quelli che, da destra a sinistra, hanno sempre sostenuto “ce lo chiede l’Europa”).
Se si guarda alle cifre in valore assoluto, si vede che tra il 2001 e il 2019 (fatta eccezione per il 2012 e il 2015) il finanziamento del Ssn a carico dello Stato è sempre cresciuto, passando da 71,3 miliardi di euro a 114,5 miliardi di euro (con una crescita media inferiore a quella dell’inflazione). Da questo punto di vista quindi non si può parlare di tagli.
È vero però che negli ultimi 10 anni gli aumenti alla sanità pubblica sono stati ogni anno minori rispetto a quelli programmati negli anni precedenti dalle manovre dei vari governi.
Secondo un rapporto pubblicato a settembre 2019 dalla Fondazione Gimbe (che si occupa di attività di formazione e ricerca in ambito sanitario), negli ultimi 10 anni i mancati aumenti al finanziamento del Ssn a carico dello Stato hanno un valore pari a circa 37 miliardi di euro.
Una differenza c’e’ però nell’evoluzione della spesa ed e’ quella che si legge nei numeri: la spesa sanitaria non è diminuita in termini assoluti, ma certamente non è cresciuta nella proporzione necessaria ad assicurare gli aumenti del bisogno di salute. Il senso della spesa sanitaria, in un sistema sanitario che funziona, e’ che la stessa spesa deve crescere anno dopo anno, perchè un sistema che funziona vuol dire che le persone vivono di più, si invecchia di più e ci si ammala di più, costando di più. Ugualmente se lo stesso sistema sanitario funziona – e si adatta ai modificati bisogni di salute -, esso si deve adeguare alle risposte per le nuove modalità di trattare patologie, con nuovi macchinari, con nuova ricerca etc.
La sanità che funziona e’ quindi una sanità che, anno dopo anno, deve essere finanziata di più, anche in relazione all’inflazione.
La crescita della spesa del nostro Paese, per sostenere il SSN, e’ stata una crescita molto inferiore rispetto all’aumento dei bisogni di salute e quindi cio’ ha comportato l’esigenza di ridurre posti letto e ridurre il personale a disposizione del SSN, mettendo in seria crisi anche la capacità del SSN di soddisfare i bisogni di salute.
Tra il 2009 e il 2017, secondo la Ragioneria Generale dello Stato, si sono “perse” 46.000 unità di personale dipendente dal SSN.
In base ai dati Eurostat e Ocse, tra il 2000 e il 2017 (ultimo anno disponibile) nel nostro Paese il numero dei posti letto pro capite negli ospedali è calato di circa il 30 per cento, arrivando appunto a 3,2 ogni 1.000 abitanti, mentre la media dell’Unione europea è vicina a 5 ogni 1.000 abitanti.
In particolare, i posti letto di terapia intensiva dal 1997 al 2015 sono diminuiti del 51% (da 575 pl ogni 100.000 abitanti a 275 attuali, mentre in Germania sono 621) (fonte: asimmetrie.org)
La Commissione Igiene e Sanità del Senato, nella sua analisi del 2018, ha considerato con soddisfazione che si sia riusciti a contenere la spesa in molte Regioni sottoposte a monitoraggio della spesa; ma le ottime performance, in termini di contenimento della spesa, hanno messo in crisi la capacità di funzionamento del sistema, con importanti disomogeneità del SSN tra Regione e Regione.
I tagli alla sanità sono tagli che trovano corrispondenza anche in altri settori pubblici (istruzione, trasporti, ricerca, etc).
Certamente i tagli in ambito sanitario si fanno sentire particolarmente in momenti come questo, in cui la scelta di aver dimensionato le strutture sanitarie per rispondere ai bisogni medi, entra in crisi.
Il bisogno non è più il bisogno standard, non è più un bisogno normale perchè l’attuale epidemia ha colpito il nostro Paese in maniera dura e inattesa, ma comunque non imprevedibile in assoluto.
Quindi è questo il motivo per cui percepiamo quanto la sanità sia stata colpita dai “tagli” in questo momento, nonostante anche altri settori della Pubblica Amministrazione abbiano subìto tagli importanti e orizzontali.
I tagli alla spesa sanitaria, in essere da decenni, oltre a rappresentare una mancanza di lungimiranza per il futuro in caso di calamità come la presente, sono il frutto di una precisa scelta politica. La scelta politica è quella di aver dimensionato il servizio (posti letto, personale, strutture) ad una domanda media e non ad una domanda di picco.
Cosa c’è dietro?
Una trasformazione che data da diversi decenni: l’idea che il servizio pubblico sia da trattare come azienda privata, e quindi da rendere efficiente e quindi meno costosa possibile, per erogare le prestazioni che MEDIAMENTE sono necessarie e quindi da finanziare per rispondere alle esigenze medie della collettività.
Cosa è che è venuto meno in questi ultimi anni?
La dimensione simbolica e sociale dell’esistenza di un servizio pubblico sanitario cha ha anche la funzione di rappresentare un’assicurazione per la collettività, soprattutto in ordine alla capacità della sfera pubblica di far fronte a situazioni imprevedibili e agli eventi calamitosi e pandemici che stiamo vivendo.
La sfera pubblica deve rappresentare la garanzia, secondo Costituzione, in ordine ad una risposta anche di fronte ad un caso straordinario.
Cosa si può imparare da questi eventi dolorosi?
Le istituzioni pubbliche sono una risposta fondamentale ai bisogni della collettività’; certo vanno rese efficienti e sostenibili da un punto di vista economico, ma non bisogna dimenticare che il tipo di risposta che ci devono garantire non è la stessa che ci forniscono i servizi privati. E’ qualcosa di più e di diverso e articolato: è una doverosa assicurazione più complessa che deve rispondere a bisogni e a domande più ampie, anche per le incertezze del futuro.
Covid – 19 è un messaggero: ci sta insegnando l’importanza di un servizio sanitario pubblico e dell’investimento di lungo periodo e progettuale, con una visione di insieme costituzionalmente orientata e non legata pregiudizialmente agli interessi economici.

CANTIAMO PURE DAI BALCONI LA NOSTRA SOLIDARIETÀ’ A CHI STA LAVORANDO IN PRIMA LINEA E A CHI STA SOFFRENDO.
MA NON DIMENTICHIAMOCI, ORA E PER IL FUTURO,
DI URLARE CHE NOI CI RIAPPROPRIEREMO DEL NOSTRO SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO E NON ACCETTEREMO CHE RAGIONI DI INTERESSI ECONOMICI PREVALGANO SULLE VITE NOSTRE E DEI NOSTRI CARI.

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